Una mattina poco prima dell’inizio dell’allenamento vedo salire sul tatami un ragazzo che attira l’attenzione generale ( tranne la mia); tutti gli si avvicinano e gli stringono la mano quasi con reverenza e lui, con sorriso solare ricambia amichevolmente.
Era il 2006, mi trovavo alla Check Mat a Rio de Janeiro e lui era il campione Fernando Augusto “Tererè”.
Tererè era un mito per tutti, rappresentava quello che per un calciatore poteva essere Maradona; cresciuto nella povertà della favela, era riuscito a salire sul tetto del mondo grazie al suo jiu jitsu, aggressivo e spettacolare, unico nel suo genere. Era l’esempio della rivalsa, una fonte di ispirazione per tutti quei ragazzini delle favelas che si allenavano ogni giorno con l’unico desiderio di diventare campioni e scrollarsi dalle spalle una vita di stenti ed emarginazione. Ma si sa, ogni storia avvincente è però contornata da momenti bui, e quella di “Tererè” non poteva essere da meno; dopo una fase di successo infatti, tutto è poi naufragato a causa di sfortuna e di errori personali a cui, con forza, ha saputo far fronte riuscendo poi a risollevarsi. Ora insegna nella sua accademia ad Ipanema e promuove il suo progetto “TERERE’ KIDS PROJECT” che coinvolge i bambini delle aree disagiate di Rio.
Ebbi la fortuna di condividere diversi allenamenti con lui e anche di passare assieme qualche serata.
E’ uscito in questi giorni il film “O faixa preta” lungometraggio a lui dedicato in cui, tra i suoi personaggi figura Octavio “Ratinho” Couto maestro internazionale di jiu jitsu ed insegnante di “Tererè” salito diverse volte sul nostro tatami e che presto avremo il piacere di rivedere.

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